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UN FUTURO A MISURA DI FAMIGLIA PER NAPOLI E PROVINCIA. INTERVISTA A ORESTE CIAMPA

Promuovere la famiglia come soggetto sociale nella consapevolezza che dal benessere di questa cellula fondamentale della società si costruisce il benessere di una comunità intera. È l’obiettivo alto dell’associazionismo familiare cattolico e, nella provincia di Napoli in particolare, la sfida sempre aperta del Forum Provinciale delle Associazioni Familiari. Una realtà in fermento che attualmente raccoglie 13 Associazioni impegnate ciascuna nella cura di aspetti particolari della famiglia. Oggi il Forum Provinciale delle Associazioni Familiari è impegnato nel progetto Generare Futuro, volto a incrementare l’empowerment dei giovani nell’affrontare il mondo del lavoro e a fornire strumenti concreti per facilitarvi l’ingresso. Un passo nel cammino faticoso quanto affascinante verso la costruzione sistematica del sostegno alle famiglie in un territorio come quello dell’hinterland napoletano che patisce carenze strutturali e culturali per le quali sono messe spesso a dura prova sia la vita delle famiglie, in particolare di quelle con carichi di cura maggiori, sia le stesse aspirazioni dei giovani che desiderano progettare un futuro a misura di famiglia. Ne parliamo con Oreste Ciampa, insigne giurista e giudice minorile, Presidente del Forum Provinciale napoletano.

Dott. Ciampa, in che modo negli anni il Forum Provinciale delle Associazioni Familiari ha inteso rilanciare le politiche familiari a Napoli e in Provincia?

«Quando, sotto la guida del cardinale Michele Giordano in collaborazione con Luisa Santolini e Maria Pia Mauro, demmo vita al Forum Provinciale delle Associazioni Familiari, non potevamo prevedere che cosa avrebbe comportato la sostituzione della provincia di Napoli in città metropolitana, per effetto della legge n°56 del 7 aprile 2014. Un mutamento di grande significato istituzionale e pratico, che ha fatto della città metropolitana di Napoli la terza in Italia per numero di abitanti e la prima per densità abitativa. La difficoltà di concepire il rilancio delle politiche familiari a Napoli e in provincia, sulla base dell’iniziale proposta del forum, rende assolutamente necessari un confronto e una programmazione che convoglino tutte le forze e ogni energia istituzionale, associativa e personale in un’ideazione che indichi le vie nuove di una presenza del forum provinciale e di una efficace azione corale e solidale per soccorrere il bisogno evidente di sostegno alle famiglie. Pur non essendo ossessionati dalla veracità della profezia lapiriana di vivere sul “crinale apocalittico” di un tempo conflittuale e contraddittorio, non ci sottrarremo all’indicazione di Papa Francesco al convegno della Chiesa Italiana celebrato a Firenze nel 2015. Bisogna capire che non siamo in un’epoca di cambiamenti ma che siamo di fronte a un rivoluzionario “cambiamento d’epoca”».

La mission di Generare Futuro è quella di rimettere in moto i talenti. Lei ritiene che a Napoli si possa ancora scommettere su concrete possibilità del mercato del lavoro per i giovani?

«Generare Futuro è una goccia nel mare! Ma è pur sempre una goccia che punta a realizzare una strategia globale e dà un orientamento a cogliere la terapeuticità del territorio, come funzione di promozione integrale della persona umana. Senza esagerare, Generare Futuro è un buon inizio. Solo i risultati diranno se l’albero ha fruttificato e se buoni sono i frutti. Insisto nel dire che Generare Futuro è una proposta che può assumere un ampio respiro a patto che su di essa si giochino tutte le energie delle componenti del forum».

Per il CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro) «la maggiore incidenza della povertà nelle famiglie è data dalla mancanza di prestazioni e servizi pubblici a sostegno dei figli, che siano capaci di favorire la piena occupazione dei genitori, in particolar modo delle donne». Nella città di Napoli la situazione è particolarmente delicata. Come può intervenire l’associazionismo familiare in tal senso?

«Oggi la povertà sociale e politica di questo territorio è resa evidente dall’inconcludenza, se non dalla vera e propria inesistenza di politiche e di interventi amministrative a favore delle famiglie e delle persone che ne fanno parte, adulti o minori che siano. Mi sono da sempre rifiutato di scindere pregiudizialmente l’interesse del minore da quello della propria famiglia.

Stiamo pagando in termini di ingovernabilità dell’età minorile e di degrado dei territori marginali, ora in preda a terrificanti manifestazioni di gratuito odio sociale, il silenzio o meglio l’incapacità di farsi sentire con puntualità e decisione sulla necessità di rivedere la pretesa di affidare a servizi sociali, specializzati in senso sanzionatorio, l’intervento di recupero dei minori, caratterizzandosi in tal modo la loro cura rieducativa mediante il distacco degli stessi dall’ambiente familiare. I servizi sociali non appaiono, meglio non sono messi in grado di concepire una strategia di base che per prima funzione riconosca il lavoro tempestivo di preservazione e riqualificazione culturale del tessuto unitario familiare. Laddove per culturale è da intendersi, con il presidio dei sussidi assistenziali, nazionali e sociali, la coltivazione dell’ambiente umano vitale in termini di cooperazione, di apprezzamento della sufficienza dei mezzi materiali per il benessere fisico e per la crescita e lo sviluppo di un organismo umano, in termini di integralità personale, (psichico, sociale e morale), idoneo a migliorarsi dentro dinamiche affettive, originarie, e relazionali in ambiti sociali concentricamente sviluppantisi ed aperti. Dalla famiglia alla scuola e alle relazioni culturali, sociali e associative, sportive e ideative, non ultime religiose e spirituali. In questo quadro comunque vanno intesi gli interventi normativi dell’ordinamento giuridico italiano».

Lei è stato per molti anni al servizio della gioventù in quanto giudice minorile. Nella sua esperienza con quali interventi strutturali a favore della famiglia si può offrire ai minori l’alternativa a fenomeni come la devianza minorile e la povertà educativa?

«La mia lunga esperienza di giudice minorile mi ha fatto consapevole che la persona individua è strutturalmente e originariamente inserita nella famiglia e di essa segue le sorti. Il valore dell’istruzione e dello studio e l’inclinazione a partecipare positivamente alle relazioni sociali che si stabiliscono in un determinato ambiente sono condizionati dalla stima o dalla disistima che in primo luogo i genitori e i familiari tutti esercitano sui ragazzi fin da tenera età. L’evasione e la dispersione scolastica devono essere poste a carico di tutti e in special modo degli agenti sociali. La valorizzazione dell’aspetto umano dello studio per la crescita della persona non può essere perseguita individualmente e nella carenza di partecipazione alla promozione della terapeuticità del territorio, che appare essere misura necessaria e di base per affrontare anche i gravi problemi di devianza minorile».