In un pomeriggio di maggio abbiamo incontrato don Pasquale Trani, incaricato per la Pastorale Familiare della Conferenza Episcopale Campana. Il suo è un messaggio di speranza per la famiglia, anche in un momento di crisi dei valori familiari e delle relazioni affettive.
Don Pasquale, partiamo dalla cronaca degli ultimi giorni. Ad Alessandria un anziano uccide la sorella malata con l’acido muriatico e tenta di togliersi la vita allo stesso modo. A Francavilla al Mare un uomo ha lanciato dal cavalcavia la figlia dodicenne della sua convivente. È sempre di questi giorni la notizia del rinvio a giudizio dell’ex fidanzato di Tiziana Cantone, la trentunenne che si suicidò dopo che immagini hot, che la ritraevano, erano state diffuse in rete. Nella crisi di valori che questi episodi fotografano impietosamente, come può la Pastorale Familiare annunciare ancora la speranza?
«Purtroppo i mezzi di comunicazione riferiscono tanti episodi tragici che certamente non aiutano a farsi un’idea della bellezza della famiglia e questo scoraggia i giovani. Secondo un detto africano fa più rumore un albero che cade piuttosto che una foresta che germoglia pian piano. Ma c’è ancora una realtà di fondo che vede tantissimi coniugi e genitori lavorare giorno e notte per far crescere il bello e mostrarlo. Anche nel nostro Sud, dove sappiamo che non ci sono le condizioni ottimali per far crescere i nostri figli e favorirne l’educazione, a causa della mancanza di servizi, infrastrutture, della precarietà del lavoro e della difficoltà di conciliare i tempi. Nonostante tutto, quando amore e passione sono messi in circolo, declinano insieme speranza e gioia di vivere. Noi vediamo spesso che i fidanzati che ascoltano storie di amore e condivisione si appassionano poi alla famiglia e anche il loro sì diventa più consapevole».
Come si può testimoniare la possibilità di cambiamento sociale e culturale rispetto alla solitudine e alla deprivazione di valori da cui scaturiscono episodi come quelli citati?
«Noi siamo chiamati innanzitutto alla vicinanza. Abbiamo un Papa che è un maestro di umanità e crediamo che il Vangelo sia innanzitutto l’annuncio dell’incontro con un Dio che si fa uomo e quindi si fa carico di tutte le situazioni di sofferenza, anche estrema. Non possiamo non essere là dove c’è dolore, ma in punta di piedi e con tanto rispetto per i drammi che talora si consumano tra le mura domestiche o in un circuito di relazioni familiari dove si respira l’assenza di incontro tra persone e anime, in una povertà morale e spirituale che non aiuta a dare un orizzonte di senso anche alla sofferenza, alla frustrazione rispetto a obiettivi non raggiunti che potrebbero essere secondari e invece prendono il sopravvento. Ma Cristo è appassionato della nostra umanità, ha un cuore di carne, e la comunità cristiana formata da tanti nostri pastori e persone delle parrocchie e delle realtà locali è vicina, con rispetto e discrezione, a chi soffre o ai familiari di chi ha agito gesti estremi, anche quando si spengono i riflettori ma si continua a fare i conti con il carico di sofferenza e il senso di perdita».
Le nuove frontiere della comunicazione aperte dai social network, con la moltiplicazione delle possibilità di stabilire contatti e la velocità di rimbalzo dei contenuti, quanto possono essere utili alla diffusione dei valori positivi della famiglia e quanto un rischio per la corrosione dei rapporti umani?
«È un mondo in continua evoluzione in cui innanzitutto sono necessarie competenza e professionalità. La Chiesa ha sempre cercato nuove forme di comunicazione per annunciare la bella notizia del Vangelo. C’è molto fermento e ci sono tante belle figure nel mondo cattolico che cercano di annunciare il Vangelo attraverso il linguaggio dei social. I giovani nelle parrocchie sono spesso i protagonisti di questo modo di comunicare la fede. Lo stesso Papa Francesco proprio in questi giorni in occasione della Giornata mondiale delle Comunicazioni Sociali ha affrontato il tema, affidando le sue considerazioni al messaggio Fake News e giornalismo di pace. D’altra parte è una dimensione in cui ci sono ancora tante incognite. Nei corsi prematrimoniali, quando chiediamo ai fidanzati come si sono conosciuti, spesso ci rispondono tramite i social e internet. Da parte mia credo che il mondo delle emozioni e degli affetti sia difficilmente comunicabile attraverso gli emoticon. Il rischio può essere quello di accorciare troppo le distanze rispetto al rapporto umano, perché resta fuori la parte non verbale della comunicazione e della relazione umana. Tuttavia l’annuncio del bello, che c’è ed è tanto, deve essere messo in rete altrimenti tutto resta in balia di chi la usa per fini non sempre buoni e condivisibili, come abbiamo visto. A riguardo, nell’ambito dei corsi per la genitorialità, si è cercato di insegnare ai genitori l’uso dei filtri, per proteggere i figli piccoli. Ci può essere un uso ingenuo dei social, oggi spesso si dedica molta più energia alla forma che non al contenuto, all’immagine più che alla sostanza. Questo riguarda anche la percezione del mondo femminile e ci interroga in termini di tutela e cura della donna nella società e nella Chiesa».
La promozione della donna, un altro tema fondamentale nel rilancio della famiglia nella società…
«La Chiesa tradizionalmente ha visto in lei la figura più attenta alla cura e alla protezione dei legami familiari ma oggi siamo molto distanti da posizioni che precludano alla donna la possibilità di non impiegare, come è giusto, i suoi talenti nella società. Giovanni Paolo II parlava del genio femminile. Il Forum delle Associazioni Familiari è uno strumento che, come tutta la Chiesa, si batte per dare alla donna il giusto riconoscimento e garantirle anche degli spazi di realizzazione professionale che le consentano di armonizzare la famiglia e il lavoro. Tutto questo è molto chiaro alla Pastorale Familiare ma il problema è capire se davvero questa società e la classe imprenditoriale intendono rispettare fino in fondo i diritti delle donne e in generale dei lavoratori».